
Prima di tutto, che cos’è il lampredotto?
I vostri amici non fiorentini ve lo avranno chiesto moltissime volte e magari spesso siete rimasti di sasso, insicuri su quale parte dell’animale indicare e magari… anche di quale animale!
Iniziamo quindi dalle basi: il lampredotto è ottenuto da uno dei quattro stomaci dei bovini, il cosiddetto abomaso. Vi salviamo nella pronuncia, l’accento va sulla seconda a, quindi abomàso.
L’abomaso è formato da una parte magra, la gala, e da una parte più grassa, la spannocchia. La prima ha quelle piccole creste (le gale appunto) che siamo abituati a vedere e che conferiscono un sapore forte e deciso. La spannocchia invece, di colore meno acceso, ha un gusto meno intenso.
Perché si chiama lampredotto?
Il nome deriva dalla lampreda, un pesce di forma lunga e stretta che un tempo popolava le acque dell’Arno, il fiume di Firenze. La derivazione del nome si spiega poiché la conformazione del lampredotto ricorda appunto quella della bocca della lampreda.
In tempi antichi la lampreda era un piatto molto apprezzato dagli aristocratici, dai nobili inglesi ad esempio. I fiorentini trovarono quindi a loro modo un degno sostituto per il popolo.

Dove e come si mangia?
Benché a Firenze lo si possa trovare ovunque, anche comodamente seduti al tavolo di una trattoria tipica, il lampredotto è un cibo di strada e il modo primario di mangiarlo è nel classico panino.
Ancora oggi Firenze è piena di chioschi in praticamente ogni zona della città che offrono questa prelibatezza, a partire dalla ricetta classica e varianti.
I chioschi hanno semplicemente sostituito i vecchi carretti di legno, spesso dipinti con colori molto accesi e trainati su tricicli a pedali.

A onor del vero, e oramai neanche tutti i fiorentini stessi lo sanno, la ricetta originale vedrebbe solo sale e pepe come condimento. Si sono poi aggiunti la salsa verde, oramai un classico, e l’olio piccante, quest’ultimo secondo alcuni con l’avvento dei gusti di gente di origine meridionale.
Parte fondamentale della preparazione del panino è l’inzuppare la parte superiore nel brodo in cui il lampredotto viene cotto per ammorbidirla e insaporirla, appena prima di consegnare il panino al fortunato che lo mangerà. Diffidate da chi non inzuppa!

Ma non sempre si preferisce il panino, ecco quindi che il lampredotto viene anche servito a piatto, spesso in umido e con varianti del caso. La più famosa è in zimino, cioé cotto con verdure a foglia grande (bietole o altro).
E che dire, buonissimo anche così!

Ultimo ma non per ultimo: immancabile il “gottino” di vino rosso! Il “gotto” è il tipico bicchiere da osteria, da cui il gottino, di misura minore.
Origini storiche?
Non si sa con precisione quando sia nato l’uso di mangiare il lampredotto, ma la storia parla del consumo di trippa a Firenze già nel Quattrocento, con tanto di botteghe vicino al corso dell’Arno in cui tutto il giorno venivano bollite le interiora e poi vendute per pochi spiccioli.
Come molta della cucina fiorentina, l’origine di questi piatti è povera, viene dal popolo ed era una risposta economica alla fame.
Tradizione sopravvissuta ancora oggi, perché quando hai fame, vuoi spender poco e mangiare di gusto, ecco arrivare l’idea dello “gnamo a fassi un panino coi lampredotto”.
Si ringrazia La Buticche di’ Lampredotto per alcune delle immagini presenti in questo articolo.